A seguito del rave party che si è tenuto tra il 30 ottobre e il 2 novembre 2021 nei pressi di Torino, la Questura e la Prefettura hanno posto in essere una reazione repressiva e punitiva che ha compreso l’utilizzo di misure “di polizia”, come il foglio di via dal Comune di Torino e da alcuni Comuni limitrofi, con divieto di reingresso per un periodo che va da uno a tre anni, e per з cittadinз stranierз (comunitarз e non), anche l’allontanamento dal territorio nazionale con divieto di ritorno in Italia per un periodo di tre anni. 
​
StraLi, e in particolare il suo dipartimento Misure di Sicurezza e Prevenzione, sta affiancando l’Avvocato Nicolò Bussolati nei ricorsi dinnanzi al Tribunale ordinario e al Tribunale Amministrativo Regionale contro i provvedimenti che hanno colpito alcune persone identificate nei giorni successivi al rave.
​
Le motivazioni poste a fondamento dei provvedimenti sono principalmente l’aver partecipato al rave (benché i soggetti siano stati identificati al di fuori dell’area dove si è tenuto l’evento) e – sulla base di un’informativa della DIGOS – la possibilità che le persone destinatarie delle misure potessero, in futuro, "supportare il movimento anarchico nel porre in essere turbative violente durante il corteo previsto per il 6 novembre”.
​
StraLi ritiene che tali provvedimenti siano ingiusti, arbitrari e adottati in spregio ai requisiti di legge. 
​
L’utilizzo di strumenti così gravemente limitativi della libertà di circolazione dell’individuo (fin da impedirgli il ritorno in Italia per tre anni) non può basarsi su criteri quali la partecipazione ad una festa (finanche illegale) e il timore che si possa prendere parte ad una manifestazione politica. Tutto ciò rappresenta, a parere di Strali, un utilizzo così abusivo del potere pubblico da acquisire un sapore distopico. Sicuramente, ricorda scenari orwelliani e da polizia predittiva. 
​
Tali strumenti non richiedono il preventivo controllo di un giudice, e possono essere adottati dalla Prefettura e dalla Questura senza particolare dispendio di energie, e senza curarsi di soddisfarne in prima battuta i requisiti legali. Il ricorso davanti all’autorità giurisdizionale è lungo, faticoso e costoso, e spesso i destinatari non hanno i mezzi per farlo. Queste misure sono pertanto lo strumento perfetto per un controllo “poliziesco” della società, poiché eradicano facilmente e velocemente dal territorio i soggetti “indesiderati”. Questo non è lo Stato che vogliamo. 
​
Purtroppo, le persone che stiamo seguendo non sono le sole che hanno subito questo trattamento, e sappiamo che l’uso abusivo di misure di prevenzione e sicurezza è una pratica diffusa. Crediamo tuttavia che questi fatti possano rappresentare dei casi strategici.
​
Ci auguriamo che – attraverso di loro – potremo ottenere delle pronunce che ne riconoscano l’illegittimità, imponendo alle autorità pubbliche di utilizzare tali strumenti nel rispetto dei diritti fondamentali dell’individuo (quale quello alla libera circolazione), ai quali anche la Questura e la Prefettura sono, e devono ricordarsi di essere, sottoposte.